Immaginate questo. Un intraprendente residente di Second Life costruisce la sua piccola attività economica, basando i propri guadagni virtuali su qualche prodotto del suo ingegno. Che so, invento qualcosa (che magari esiste già): gestisce una sorta di museo delle cere nel quale mette in scena ogni giorno delle divertentissime parodie delle notizie più discusse. Immagino già lo stile, un po’ grottesco, con frequenti ammiccamenti agli archetipi del genere fantasy. Ma sto divagando.
Immaginate che un giorno il nostro amico vada un po’ troppo in là con la sua parodia quotidiana, e offenda qualcuno. Ne sorge un litigio. Non voglio scendere nei dettagli, ma diamo per scontato che la cosa si faccia davvero antipatica, al punto da giustificare l’espulsione del nostro amico (la violazione delle regole di condotta costituisce un motivo sufficiente) e la cancellazione del suo account di "cittadino virtuale".
Che ne sarà, a quel punto, del suo patrimonio virtuale? Cosa succederà alla sua collezione di scenette virtuali, dell’edificio che la ospita, del suo castello fronte mare e della collezione di abiti gioielli acconciature e quant’altro?
Leggendo un notevole articolo dell’Indiana Law Journal (On Virtual Worlds: Copyright and Contract
Law at the Dawn of the Virtual Age di Erez Reuveni) ho scoperto che
la risposta è tutt’altro che semplice. In estrema sintesi, l’imprenditore
virtuale perderebbe il proprio patrimonio virtuale senza alcun obbligo
di risarcimento da parte di Linden Labs. Si tratta di una questione
di proprietà intellettuale e le regole stanno tutte scritte nei Termini di Servizio , il solito testo che viene proposto ogni volta che ci si iscrive a qualche servizio online.
La realtà poi è meno attraente e, nel caso finito davvero in un tribunale della Pennsylvania, l’utente espulso ispira meno comprensione di quanto non avvenga nel caso da noi immaginato. Stando all’analisi svolta dagli autori di Virtually Blind (un blog specializzato in questioni legali riguardanti i mondi virtuali), il fatto davvero interessante
è che il tribunale, in un’ordinanza emessa mercoledì scorso, afferma che l’accordo iniziale non debba essere considerato vincolante in quanto non lascia alcuno spazio per la contrattazione: o si accetta, o non si entra in Second Life.
Va detto che finora Linden Labs, nonostante le critiche, ha sempre dimostrato di tenere in grandissima considerazione l’importanza del contributo degli utenti al loro successo. E, anche in questo caso, è ragionevole pensare che abbiano agito al fine di tutelare tutti gli utenti che stanno alle regole: credo in ogni caso che un’eventuale modifica dei Termini di Servizio possa portare a considerare gli utenti un po’ più cittadini e un po’ meno clienti.
Che tutte queste faccende abbiano davvero importanza non è cosa sulla quale sarei disposto a giurare. Ma di certo mi aiutano ad apparire un po’ più credibile quando tento di spiegare quale sia l’interesse che mi porta a dedicare un po’ di attenzione all’intera questione dei mondi virtuali…